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“La fattoria degli animali” di George Orwell


Questa rubrica nasce con l’intento di dare utili consigli bibliografici a chi è appassionato di letteratura e di essere una lente d’ingrandimento sul quotidiano: con i piedi ben saldati su quello che accade e sulle novità.

Oggi, per voi, parleremo proprio di novità contemporanee che ci girano intorno. Vi offriremo un utile spunto che, magari, può aiutarci a decodificare quello che sta accadendo.

Assumendomi tutta la responsabilità del contenuto di quanto scriverò per voi, vi avverto che non sarò politically correct, vi avverto, inoltre, come ben sapete, che i libri non hanno data di scadenza e cercherò di pungolarvi ad una attenta riflessione.

Ve lo dico con un libro!

Era il 1945 quando fu stampato per la prima volta il romanzo “La fattoria degli Animali” di George Orwell.

Era il 2002 quando lessi per la prima volta, tutto d’un fiato, questo romanzo satirico, che poi ho riletto a cicli alterni nella mia vita: oggi vi recensisco uno dei libri imprescindibili della letteratura contemporanea.

Il romanzo è ambientato in una fattoria inglese.

Maiali, papere, asini, galline, gatti e tutti gli altri animali ne sono i protagonisti.

Gli animali parlanti, stufi dello sfruttamento dell’uomo si ribellano all’animale bipede.

Lo cacciano dalla sua abitazione, e, in assemblea collettiva decidono di essere loro a gestire, direttamente, il loro lavoro seguendo il principio “ ognuno dá secondo le proprie capacità, a ognuno secondo i propri bisogni”.

I giorni passano, ed anche generazioni di animali da razzolo si susseguono. Solo il vecchio asino si ricorda di tutto e mette periodicamente in guardia tutti gli animali che, però, non lo ascoltano più.

Il romanzo conduce in una spirale di cambiamento continuo. I personaggi mutano il loro atteggiamento di pagina in pagina.

I maiali, promotori dei moti rivoluzionari dell’aia, poco alla volta, dovendo gestire gli affari e dividere i lavori dei loro compagni di fattoria, assaporando il dolcissimo nettare del bastone del potere fanno fallire la loro “rivoluzione”, diventando anche peggio dell’uomo “oppressore” ; intessendo squallidi accordi con gli acquirenti della loro fattoria.

Le regole cambiano poco alla volta.

Gli altri animali quasi quasi si sono dimenticati i principi fondamentali che innescarono la loro rivoluzione: ogni animale valeva come ogni altro animale diceva Napoleon, il vecchio e saggio porcone che purtroppo morì prima di vedere i frutti della rivoluzione.

Ovviamente Orwell, quando scrisse questo romanzo, stava pensando ad una grande metafora per spiegare altro.

Da attento osservatore del contemporaneo a lungimirante “immaginatore” del futuro (vi ricordo che è lo stesso autore di “1984” dove immagina la vita in un regime dove si è spiati h 24 dal Grande Fratello) ha involontariamente previsto altro: forse l’umanità, per quanto voglia cambiare, in realtà rimane sempre la stessa.

L’artificio letterario di mettere insieme una gallina ed un maiale con un ideale comune appare bello all’inizio, ma la gallina rimarrà comunque gallina e il maiale sempre porco è.

Manuel Agnelli cantava “si cambia tutto per non cambiare niente” e forse è vero.

È vero che si sta male quando il naturale corso delle cose prevede lo sfruttamento del proprio lavoro.

È vero che abbiamo bisogno di cambiare lo status quo per poter riscrivere assieme le regole.

È vero che sarebbe bellissimo pensare che tutti siamo uguali, nella stessa misura, che ognuno possa dare il proprio contributo per far andare bene le cose.

Ma sta di fatto che qualcuno è più uguale di altri.

Facciamo un gioco. Provo a riscrivere la fattoria degli animali in poche battute.

C’era una volta una fattoria.

Lì vivevano molti animali, alcuni anche un po’ tropicali.

Venne il giorno in cui, due maiali chiamarono in adunata polli, galline, conigli, pappagalli, pavoni, capponi e pecorelle. I due erano veramente saggi: dissero a tutti gli animali che uno valeva uno e che dovevano ribellarsi ai vecchi fattori che li sfruttavano ed avevano accordi con le macellerie straniere.

Polli e galline allora si infervorarono, iniziarono a farsi forti; i tacchini impettiti aggredirono i fattori. I quarantaquattro gatti inferociti si misero in fila per sei col resto di uno: il gatto rosso era stato espulso perché aveva detto “aspettate un attimo, riflettiamo ancora un po’” nel frattempo uno dei due maiali morì e l’altro per la tristezza si rinchiuse nella stalla. Tutti gli animali allora acclamarono un porcellino carino e piccino di nome Maialino che con tutto il suo coraggio assieme a tutti gli animali cacciò definitivamente il tiranno fattore.

Ecco, ora la fattoria era in mano agli animali, ma tornarono i gatti, felicissimi, con un omuncolo al loro seguito: era il giovane figlio dei fattori che si chiama Altwines che fino al giorno prima era l’addetto spennapolli del padre. Tutti lo guardarono con sospetto, anche Maialino.

Passarono i giorni e Maialino e Altwines divennero amici e insieme si misero a gestire le sorti di tutti gli animali.

Maialino armato di buone intenzioni, pur di non fare torti al nuovo amico Altwines gli concesse l’ideazione di nuove regole comuni.

Altwines convinse Maialino ad eliminare i pavoni perché non appartenevano alla tradizione locale, ai capponi gli fu concesso di essere i capponi ma non dovevano chiedere nient’altro perché non erano normali. I gatti si presero una bella fetta di potere creando il panico tra gli animali da razzolo. Fu imposto alle scrofe di rimanere nelle stalle e dare alla luce più maialini possibili.

Passarono i giorni e le cose cambiarono. La fattoria cambiò.

Tutto sembrava più equo fino a quando non tornò nella fattoria il fattore più bello di prima che esclamò: “Cribio, Altwines, sei stato più bravo di me!”

e vissero tutti felici e prosciutto di Parma igp.

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Di origine Abruzzese, ma ramingo come un nomade. Di molteplici interessi ogni sabato su Bl Magazine con la rubrica BL LIBRI.

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