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Addio a Lidia Menapace, la grand dame del femminismo italiano

- 07/12/2020
lidia menapace femminista


Ci ha lasciati a 96 anni Lidia Menapace, figura di spicco del femminismo italiano, simbolo della lotta non violenta che ha attraversato quasi un secolo di storia italiana.

L’ex senatrice è deceduta questa notte all’ospedale ‘San Maurizio’ di Bolzano a seguito delle complicanze dovute al Covid-19, a causa del quale era ricoverata da alcuni giorni nel reparto Malattie infettive.

Una vita per la lotta

Nata Lidia Brisca, la “lotta” – parola che preferiva a “guerra” perché svuotata da intenzioni meramente bellicose – è sempre stata una costante della sua vita. Dalla lotta partigiana. che lei aveva fieramente combattuto senza armi, a quella comunista, femminista, identitaria.

Nel 1964, da militante della Democrazia Cristiana, è stata la prima donna eletta in consiglio provinciale a Bolzano e la prima a sedere in giunta provinciale.

Il movimento femminista italiano, per il suo temperamento pacifico ma risoluto, l’aveva soprannominata la ‘Grande Dame’. L‘enciclopedia delle donne la definisce “un’anticipatrice“, perché tra le prime militanti in Italia a a porre l’accento “sull’importanza del linguaggio sessuato come strumento fondamentale contro il sessismo“. Con la sua indole mai prevaricatrice ma determinata, la Menapace invitava le donne a esercitare il potere di riprendersi le parole che spettavano loro di diritto: “Poiché ho ribattuto che possiamo cominciare a sessuare il linguaggio nei miliardi di volte in cui si può fare senza nemmeno modificare la lingua, e poi ci occuperemo dei casi difficili, ecco subito di nuovo a chiedermi perché mai mi sarei accontentata di così poco. Se è tanto poco, dicevo, perché non si fa? Non si fa perché il nome è potere, esistenza, possibilità di diventare memorabili, degne di memoria, degne di entrare nella storia in quanto donne, non come vivibilità, trasmettitrici della vita ad altri a prezzo della oscurità sulla propria. Questo è infatti il potere simbolico del nome, dell’esercizio della parola. Trasmettere oggi nella nostra società è narrarsi, dirsi, obbligare ad essere dette con il proprio nome di genere” (Prefazione a Parole per giovani donne, 1993)

La svolta comunista

Nel 1968 si trasferisce a Bolzano e lavora presso l’università Cattolica come lettrice di Lingua italiana e metodologia degli studi letterari, incarico che nel 1968 interrompe per una scelta politica incompatibile con l’ateneo col quale collaborava: la pubblicazione di un documento dal titolo ‘Per una scelta marxista’ che le costa anche l’addio tra le fila dello scudo crociato.

Ormai vicina all’ideologia comunista, nel 1969 figura tra le fondatrici del quotidiano ‘Il Manifesto’, insieme all’amica Rossana Rossanda.

A metà degli anni Settanta entra a far parte del Comitato per i diritti civili delle prostitute come membro laico, con l’obiettivo di combattere lo sfruttamento delle prostitute (oggi particolarmente vicino alle donne immigrate).

La questione dello sfruttamento delle lavoratrici del sesso è una delle lotte di bandiera di Lidia: sono piuttosto recenti due editoriali sul web che commentano alcuni momenti televisivi con al centro un dibattito sulla prostituzione. Nel primo, Lidia lamenta l’assenza di contraddittorio delle dirette interessate in una trasmissione con Corrado Augias: “il punto è che non si può nè decidere nè parlare senza riconoscere l’esistenza e i diritti delle prostitute, le quali essendo persone che esercitano un mestiere che non è illegale, hanno diritto di essere riconosciute e interpellate rispetto ai pericoli che corrono e ai bisogni che esprimono“. Nel secondo, risalente a maggio 2015, commenta la proposta della lega di regolarizzare la prostituzione: “Qualsiasi decisione presa sulla loro testa -anche con le migliori intenzioni- è sempre indizio di un giudizio dato sulla libertà di altri. Ad esempio, la proposta di legge per regolamentare l’esercizio della prostituzione presentata dalla lega è molto brutta, contiene la richiesta che le lavoratrici del sesso paghino tasse, questa materia va messa nella legge fiscale; e che vengano sottoposte a visita medica per la tutela della salute dei clienti: uguale richiesta va allora fatta per i clienti e si deve decidere che una prostituta ha il diritto di rifiutare , di non concedere prestazioni non protette, perchè anche la loro salute è da tutelare.”

L’impegno politico

Il punto più alto della carriera politica della Menapace risale all’aprire del 2006 con l’ingresso in Senato dopo essersi candidata nel Friuli Venezia-Giulia per Rifondazione Comunista-Sinistra Europea.

Nel corso della XV Legislatura al Senato, durata esattamente due anni, divenne prima membro e poi anche segretario della commissione Difesa ma anche presidente della Commissione di inchiesta sull’uranio impoverito. A questo proposito, nel giugno 2006 Lidia Menapace diventa il centro di uno scandalo che rischia sin da subito di far saltare il banco del neoeletto governo Prodi (che come sappiamo, avrà vita breve). Candidata dall’Unione alla Presidenza della Commissione Difesa del Senato, viene tradita dal compagno di coalizione Sergio De Gregorio (Italia Dei Valori), che si fa eleggere con i voti dei berlusconiani (anni dopo si aprirà un’indagine con De Gregorio coinvolto in un processo sulla “compravendita senatori”, conclusosi con una prescrizione). La Menapace, ex-partigiana e da sempre pacifista convinta, era sotto accusa per le dichiarazioni sulle Frecce Tricolori, definite da lei “inutili, uno spreco“.

Nel 2011, Lidia Menapace è nominata nel Comitato Nazionale dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia.

È stata candidata alle elezioni politiche del 2018 nelle liste di Potere al Popolo, a 94 anni, senza però essere eletta.

Esattamente un anno fa, il 13 dicembre, la Menapace sosteneva le sardine in piazza a Bolzano: “Quando le piazze si riempiono è buon segno – aveva detto – io ero partigiana combattente ma non volevo portare armi: si può resistere anche senza“. 

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Sono nato in Puglia, terra di ulivi e mare, e oggi mi divido tra la città Eterna e la città Unica che mi ha visto nascere. La scrittura per me è disciplina, bellezza e cultura, per questo nella vita revisiono testi e mi occupo di editing. Su BL Magazine coordino la linea editoriale e mi occupo di raccontare i diritti umani e i diritti lgbt+ nel mondo... e mi distraggo scrivendo di cultura e spettacolo!

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