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Il Revenge Porn è un problema degli uomini, non delle donne.

- 12/04/2020


Se ne sta parlando tantissimo in questi giorni a causa della scoperta di un canale Telegram nel quale ci si scambia materiale pedopornografico, si inneggia allo stupro e ci si scambia foto e video personali senza consenso, molto spesso di ex.

Un canale che ha aperto un vero e proprio vaso di Pandora, poiché ha portato all’attenzione un fenomeno che sulla carta è diventato reato nell’Agosto 2019 ma che nei bar, negli spogliatoi, al calcetto del giovedì sera fino ad arrivare a macchia d’olio sui social è ancora ampiamente praticato, tra le risatine dei compagni di squadra e di bevute. Troppo spesso, tutto questo avviene anche nell’anonimato.

Il Revenge Porn è un reato (ne abbiamo parlato qui). Ma non perché è pornografia, ma perché è a tutti gli effetti una violenza.

Tiziana Cantone ci è morta, di Revenge Porn, non scordiamocelo.

Cos’è il Revenge Porn?

Il Revenge Porn, secondo il Treccani, significa:

Diffusione nella rete di immagini sessualmente esplicite, senza il consenso del soggetto ritratto, che di solito è una donna, da parte di individui che intendono così denigrare l’ex partner.

Il fenomeno consiste quindi nella “vendetta” di una persona nei confronti dell’ex partner (e non solo), diffondendo le foto intime scambiate durante la relazione passata. Come accenna anche il famoso dizionario, molto spesso sono gli uomini che diffondono senza consenso le foto intime e di nudo, molto spesso delle proprie ex, deridendole o eccitandosi con i propri amici o sui social, mettendo a rischio la privacy della persona ritratta nell’immagine.

La differenza (lapalissiana) tra la foto di nudo di una modella o pornoattrice e di una ragazza che manda una sua foto osè al proprio ragazzo è proprio il consenso alla diffusione, che nel primo caso è palese (con delle eccezioni…) ma nella seconda no. Il fatto che una donna manda l’immagine del proprio corpo nudo ad una (sola) persona di cui si fida non rende automatico il consenso a condividerlo con gli amici.

Necessaria secondo me anche un piccola riflessione linguistica della parola “Revenge Porn”. Revenge viene tradotto come “vendetta“, ma in inglese significa proprio “farsi giustizia”, quindi un azione pubblica a discapito di una donna che ha semplicemente deciso di lasciarti. Ma divulgare immagini senza consenso ha tutto che vedere tranne che con la giustizia. Non c’è nessuna giustizia in un gesto del genere, solo violenta ignoranza. E’ un gesto di odio di una singola persona che si ritiene meritevole di una forma di giustizia punitiva, e approfitta di un dono personale ed esclusivo che ha ricevuto (l’immagine di un essere umano) per abbassarlo pubblicamente al livello di cosa da usare.

Ma il corpo non è la cosa più importante che abbiamo, ma la cosa che siamo. Il corpo non è una “cosa”, siamo noi. Nel porno infatti questo concetto viene spesso raccontato, ma l’uso che ne facciamo del nostro corpo è una nostra libera scelta, ma nel rispetto, appunto, del desiderio di chi mostra e non di chi riceve quell’immagine.

Disegno dell’artista Hernàn Chavar, donato alla redazione di BL Magazine.

Come accennato prima, il fenomeno è correlato con la disparità di genere poiché la stragrande maggioranza di persone vittime di Revenge Porn sono donne. La dinamica, seppur di diversa intensità di violenza, è molto simile al femminicidio su certi aspetti. Questa volontà da parte dell’uomo di vendicarsi tramite l’assassinio o la divulgazione dell’immagine del corpo nudo della ex, è un vero e proprio campanello di allarme su come l’uomo sente la sua compagna/moglie/ex di sua proprietà, e quindi legittimato a farne ciò che vuole. Fregandosene del consenso di lei, reputandolo non necessario. Il canale Telegram è semplicemente l’ennesima punta di un iceberg.

Quindi no: se una donna manda la tua foto nuda ad un ragazzo che le piace, magari durante il sexting, e lui la fa vedere ai suoi amici (e i suoi amici ai loro amici) non se l’è andata a cercare. Il problema è quel ragazzo che ha commesso un azione di violenza nei confronti di un altra persona, diffondendo l’immagine del corpo di lei senza chiedere il consenso. Tutti ci spiegano come fare sexting in maniera sicura, ma nessuno ci insegna a rispettare l’autonomia dell’altro. Sarebbe opportuno creare una cultura ed una educazione tale in cui le donne non devono sempre cavarsela da sole per sopravvivere, e ad iniziare a rovesciare l’ennesima narrazione tossica, attribuendo così la piena responsabilità a chi compie l’atto violento.

“Eh, ma non tutti gli uomini fanno Revenge Porn!” #NotAllMen

Classica obiezione di questi giorni, inutile tra le altre cose, perchè così non si fa altro che spostare il punto del discorso, allontanandoci dal problema reale.

Si, fortunatamente non tutti gli uomini praticano il Revenge Porn, ma non per questo si meritano un applauso. Il fatto che alcuni uomini non condividono foto dell’ex senza consenso non li rende speciali, ma dei semplici esseri umani decenti.

Anzi vi dirò di più, incominciamo a dire le cose come stanno: il Revenge Porn non è un problema delle donne che decidono di mostrare il loro corpo in una foto, ma degli uomini che, avendo una bassa considerazione del genere femminile, la condividono pensando che il consenso non sia necessario.

Perché alla millesima storia di una donna vittima di Revenge Porn (e di violenza in generale) da parte di un uomo una riflessione sugli uomini va fatta. Ma non perché tutti gli uomini sono colpevoli, ma perché i carnefici erano e sono praticamente tutti uomini. Quindi tutti gli uomini hanno la responsabilità di controllare i propri comportamenti.

Per troppo tempo la tematica è stata trattata dalle donne, ma è giunto il momento che siano gli uomini a parlarne e risolverlo, non più le vittime. Non commettere direttamente questi orrori non è più abbastanza, bisogna fare un passo ulteriore. Ad esempio, iniziare anche solo a chiedersi come sono le loro (nostre) conversazioni quotidiane tra uomini.

Quanti uomini effettivamente, quando l’amico fa una battuta sessista invece di ridere gli dice di smetterla? Quanti uomini, quando il compagno di calcetto mostra loro la foto della ex e gliela manda su whatsapp (senza il consenso di lei) non solo la cancella, ma cerca di farla cancellare anche al compagno e lo rimprovera? Le foto della nuova conquista passate sul gruppo del calcetto vengono accolte con entusiasmo o rifiutate? Quanti uomini iniziano davvero a intervenire di fronte a delle ingiustizie nei confronti delle donne? O il bro-code è troppo sacro per essere tradito?

Troppi uomini si sentono innocenti nel non commettere violenze sulle donne, ma se non fa nulla per impedirle, se non parla con il suo amico/compagno che commette azioni contro i nostri diritti se ne sta lavando le mani. E’ anche una loro responsabilità. Se non fanno nulla per contribuire alla causa, stanno in silenzio e non intervengono diventano complici.

L’uomo ha una voce più potente rispetto ad una donna, lo sappiamo bene. Ma se gli uomini non la utilizzano per dare visibilità a chi è stata vittima di violenza bensì per sbraitare, dicendo che la colpa non è la loro… contribuiscono al problema

Ma non ce l’abbiamo con loro, in maniera diretta ed esplicita. Non c’è da fare distinzione in uomini bravi e uomini cattivi. Siamo tutti figli sani del patriarcato. Quello che si chiede però è di rinunciare all’omertà e di sfruttare il proprio privilegio in quanto la nostra voce viene considerata ancora meno credibile.

Poi c’è chi ha il buonsenso di utilizzare il proprio privilegio per contribuire ad eliminare il problema, chi preferisce mettere le mani avanti e chi alimenta direttamente il problema stesso.

Link utili.

Se hai scoperto di essere vittima di Revenge Porn ti segnalo questo post di Facebook con dei consigli molto utili dell’avvocata Cathy La Torre, attivista per i diritti civili e umani, che spiega come muoversi in termini legali, oppure potete consultare questo documento Google.

Se invece sei a conoscenza di gruppi telegram o su altre piattaforme che inneggiano lo stupro, pedopornografia e Revenge Porn , potete segnalarli al gruppo Anonymus Italia che ha lanciato venerdì scorso una campagna chiamata #OpRevengeGram:

Video lanciato sul web di Anonymus Italia.

“Se non possiamo difendere le vittime, state pur certi che le vendicheremo… E in quanto a voi che vivete nell’ombra, che vi fate scudo da un monitor e credete di essere al sicuro protetti dall’anonimato… stiamo venendo a prendervi.”

Anche Non Una Di Meno, famosissimo movimento mondiale femminista, si fa sentire, con una foto petizione sui social contro il Revenge Porn dove ha già riscosso molto successo.

Un esempio di foto-petizione lanciata da NUDM.

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Classe 1990, Pescarese di adozione. Attivista transfemminista e co-fondatrice del Collettivo Zona Fucsia, si occupa da sempre di divulgazione femminista. È speaker radiofonica e autrice in Radio Città Pescara del circuito di Radio Popolare con il suo talk sulla politica e attualità "Stand Up! Voci di resistenza". Collabora nella Redazione Abruzzo di Pressenza. È infine libraia presso la libreria indipendente Primo Moroni di Pescara e operatrice socio-culturale di Arci.

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